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Introduzione
Le
Le fiamme possono ridurre in cenere ogni cosa: alberi secolari, intere foreste, abitazioni e persino la memoria. Quella rinchiusa dentro mobili, vestiti, fotografie. Oggetti con cui abbiamo nutrito l’ego. Pezzi inanimati che sopravvivono al tempo e ci mettono alla gogna ogni volta che, specchiandoci nel frammento di vita che rappresentano, ricordiamo una gioia che abbiamo perduto, la felicità che non sapevamo di avere.
Ivonne ha ucciso un uomo. La sua mano è stata guidata da un istinto di protezione che non le ha dato alternative. Io ho provato egoisticamente a salvare una donna. Pochi minuti vissuti come un’ombra, in quella casa, mi sono bastati per capire che Sara era un bersaglio su cui avevano già sparato. Ho respirato la sua fragilità, assaporato il malessere che l’aveva spinta a rifugiarsi e percepito il macigno che teneva sulle spalle, elementi che hanno dipinto il ritratto di una sconosciuta, vittima degli uomini che l’universo le aveva affiancato. Ma questo non giustifica il mio errore. Avrei dovuto preoccuparmi delle ripercussioni che il mio gesto avrebbe potuto causare alla nostra famiglia. Avrei dovuto proteggere loro, prima di ogni cosa.
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Capitolo 10
LA CONFESSIONE

Roberto Puccio
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Alex prende a calci la porta, è furioso. La convinzione con cui si è catapultato in casa di Bhauer, munito di taniche di benzina e deciso a eliminare ogni singola traccia del nostro passaggio, è andata in conflitto con il sentimento di compassione che ho provato per Sara.
«Cazzo, Dragan! È la figlia di un uomo che teniamo sveglio da sei giorni legato a una sedia dentro una stanza. Te lo ricordi questo?»
«Non mi ha visto, né sentito! Quando l’ho seguita al piano di sopra, era chiusa in bagno a parlare al telefono. Poi è tornata giù, si è procurata un coltello per difendersi da quell’uomo ed è rimasta dietro la porta ad aspettare. Sono sceso allo scoperto soltanto dopo che era stata aggredita; non ha mai saputo che fossi lì».
«Ma ci ha visti e sentiti suo padre! Se lei fosse ancora viva? Non possiamo darle la possibilità di confrontarsi con lui. Si incontreranno per discutere di quello che gli è capitato e collegheranno i fatti. Dobbiamo farlo fuori, adesso. Fattene una ragione» finisce impugnando la pistola.
«Cosa avrei dovuto fare? Lasciartela bruciare viva?»
«Non farmi domande a cui non posso rispondere. A volte non c’è da ragionare, bisogna agire e basta».
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La manipolazione dell’anima

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«È precisamente quello che ho fatto!»
«A ogni modo, il problema adesso è un altro e dobbiamo risolverlo» conferma innescando il colpo in canna. «Se non hai delle alternative, procedo. Ovviamente, se vuoi avere tu questo onore, non posso fare altro che mettermi da parte» finisce allungandomi l’arma.
«Mi chiedi se ho delle alternative? Niente di più semplice» confermo impugnando la pistola «Questa non serve. Il destino ha fatto il suo corso».
Salgo in stanza, prendo le valigie e vuoto armadio e cassetti sul letto. Alex non mi molla.
«Si può sapere che cazzo hai in mente?»
«Si va via, adesso. È tutto finito. Torniamo a casa nostra».
«Come sarebbe a dire è tutto finito! E Bhauer?» Ivonne abbraccia Alex e cerca di calmarlo. «Ho capito» replica infastidito prendendo le distanze «c’è qualcosa che avete già deciso e che ancora non mi avete detto. Come al solito, sono il primo ad agire e l’ultimo a sapere le cose!»
«Dobbiamo farti vedere una cosa» dice Ivonne avviando un video sul cellulare.
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Dopo cinque giorni di deprivazione del sonno, il dottor Bhauer si è lasciato filmare rivelando ogni cosa. Sfinito, ammaestrato come un’aquila che ha perso la ragione, ha fatto nomi e cognomi di cinque persone a cui ha rovinato la vita. Ha dichiarato di avere un socio in affari con cui è riuscito a ricavare cospicue somme di denaro attraverso la falsificazione di esami diagnostici, certificati medici e visite a domicilio mai effettuate. Ha descritto, specificando ogni particolare, i contratti assicurativi che determinavano il premio in base all’evoluzione della malattia dei pazienti, alla gravità della condizione in cui riusciva a portarli. Ha fatto il nome del suo socio in affari: Gregorio Sandovalli, l’ex fidanzato di sua figlia. Ha dichiarato apertamente la somma di denaro che ha nel conto corrente, quali sono stati i suoi ultimi viaggi e quali vizi ha potuto permettersi attraverso gli introiti del suo macabro disegno. Ha spiegato persino in che modo riusciva a coinvolgere i parenti più stretti delle vittime che, nella disgrazia e nella rassegnazione, ambivano a riscuotere una somma di denaro che gli avrebbe consentito una vita più agevole. Per ultimo, ha confessato di aver commesso un omicidio. L’unico paziente che ha portato fino alla morte per riscuotere una polizza sulla vita: Pavel Codermak, mio padre. L’ho guardato negli occhi mentre mi raccontava la vicenda come se stesse confidandosi a un amico, come se egli stesso fosse vittima e carnefice, succube di un egoismo malato che, come un demone, si è impossessato del suo corpo per guidarlo a soddisfare ogni desiderio.
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Alex abbassa lo sguardo sconfitto, l’adrenalina che lo ha tenuto in trepidazione si è consumata su una brace di compassione e rabbia.
«Mi dispiace Drag, che cazzo! Quel figlio di puttana ha confessato di averti ucciso il padre. Fossi in te, non ci penserei due volte a dargli il colpo di grazia. Ma tu non sei me, e sono sicuro che hai in mente la cosa più giusta da fare!»
«Dobbiamo produrre un duplicato del video eliminando ogni traccia che potrebbe essere utilizzata per risalire a noi, dopodiché, lo lasciamo nella stanza insieme al medico. Non appena siamo abbastanza lontani, chiamiamo gli sbirri e il gioco è fatto. Saranno loro a occuparsene».
«Dragan, ci ha visti in faccia, ha ascoltato le nostre voci. Racconterà tutto alla polizia e passeremo i nostri giorni a fuggire».
«No, non lo farà. Recuperiamo tutte le nostre cose e torniamo a casa. Domani sarà un giorno da cui ricominciare».
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Bhauer è immobile, la testa pendula in avanti. Alex ferma la giostra perpetua di luci e suoni che per giorni ha animato la stanza, ascolta il polso del medico e incrocia i nostri sguardi. Il dottore ha le narici e la barba imbrattati di sangue coagulato. Questa volta è riuscito a farlo. Si è causato un’emorragia prendendosi la lingua a morsi ed è soffocato nel suo sangue.
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