Ma come! In piena estate, con il sole sulla fronte e i tormentoni estivi che ruotano fra TV, lidi, autoradio e karaoke, scrivi un articolo che parla della morte?
Si. Perché, in fondo, la morte è un’alleata della vita.
La parola Morte è triste. Si fa fatica persino a pronunciarla
Proprio così, nonostante sia un’alleata della vita, la parola morte ha un’essenza triste, e come tutte le cose tristi racchiude argomenti di cui sarebbe meglio non parlare, per non far crollare l’umore e vivere meglio, almeno apparentemente. Insomma, per far finta di niente!
La parola morte esprime un concetto profondo a cui possiamo attribuire svariate sfumature
Una cromia che aumenta di vivacità quando si utilizza questa parola in senso lato per enfatizzare l’apice di un sentimento: Ti amo da morire. Oppure, un pigmento nero. Inchiostro di china che si rovescia su un foglio bianco quando viene considerato il significato stretto della parola. Morire. Cessare di esistere. Un po’ come specchiarsi in assenza di luce.
La morte e le sue sfaccettature…
Si può morire di invidia e si può anche odiare a morte!
Qualcuno muore ogni giorno di vecchiaia, magari durante il sonno. Qualcun altro di malattia, soffrendo. In Italia, ogni giorno muoiono 12 persone a causa di incidenti stradali, mentre nel mondo, 24000 persone muoiono di fame; corpi su cui si adagia il velo nero della non curanza. Si contano circa 680.000 decessi per AIDS nell’arco di un anno in tutto il mondo. In Italia, invece, 485 decessi AL GIORNO per tumore.
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LA MANIPOLAZIONE DELL’ANIMA
La gente muore ogni giorno, perché morire fa parte della vita. E la vita altro non è che un viaggio dalla destinazione certa
Ciò che conta è il cammino, anche se, nella maggior parte dei casi è proprio quello che viene considerato meno. Siamo troppo impegnati per rendere conto alla signora con la falce! Ci ricordiamo di lei attraverso i telegiornali che guardiamo distratti durante i pasti e che, infondo, espongono fatti a cui siamo abituati, dove i morti sono solo un numero, un parametro per decifrare la gravità dell’accaduto.
Schiavizzati dai pensieri
Dedichiamo la maggior parte del nostro tempo a escogitare metodi per migliorare il nostro futuro. Più lavoro. Per avere più soldi. Possedere più cose. Alla fine otteniamo solo più debiti e rimaniamo in balia di una sete ancora più grande. L’altra parte del tempo, invece, è dedita a cercare le forze necessarie per portare sulla schiena un passato che non ci appartiene più, ma che ci serve a non dimenticare. Un carico sull’anima che ci ricorda quanto abbiamo sofferto o quanto siamo stati felici. Il passato ci dovrebbe tenere lontani dagli errori che abbiamo commesso, invece, molto spesso, è soltanto un limite. Una porta chiusa in faccia a nuove opportunità. Un freno serrato su una strada in discesa. Una rinuncia. Uno spreco di tempo.
Se fossimo nati con un tatuaggio sulla pelle che indica il giorno della nostra morte, avremmo il coraggio di trattare il tempo con la stessa considerazione?
No. Non credo. E allora, la cosa più triste che mi viene da pensare difronte alla parola morte, più triste di ogni motivo che causa la morte stessa, la riassumo con una frase di Pitagora che, a quanto pare, oltre al teorema che tutti conosciamo, aveva anche altro da dire.
La morte è l’ignoranza della vita: quanti uomini morti si aggirano tra i viventi…
Pitagora
Proprio così. Siamo un po’ come dentro il film Ghost. Crediamo di essere vivi ma, in realtà, siamo solo una proiezione di pensieri
Dire che non riusciamo a vivere il presente è banale, lo so: una frase che conta decine di aforismi. Conosciamo bene questo concetto ma non ne siamo consapevoli. Conoscere, è una cosa, essere consapevoli, coscienti, un’altra.
Ragazzi che hanno paura del futuro
A vent’anni già pensano al passato. La loro unica preoccupazione dovrebbe essere rendersi conto. Se si fidassero delle sensazioni potrebbero capire quanto possono essere liberi e felici adesso.
Cresci, e per quarant’anni fai un lavoro che odi
Trai forza dalla speranza, quella che ti suggerisce, quotidianamente, che le cose possono migliorare, in futuro. Da lì il detto: la speranza è l’ultima a morire, si perché morirà con te!
Coppie da una vita insieme
Vivono male. Si cornificano; probabilmente l’unico momento in cui ci si abbandona alla vita. Si disprezzano ma non si separano: il passato vale più della stessa vita, quella che ti è rimasta.
Poi invecchi e ti nutri di ricordi
Nessuno può dirti niente. Il tuo tempo e le tue forze sono limitate. La felicità, al passo con la malinconia, trova dimora nella condivisione di un ricordo o nella soddisfazione di poterla riconoscere negli occhi di una persona che ami: un figlio, un nipote.
Poi arriva lei, la morte. Quando muore qualcuno ci si raduna davanti il corpo esanime, ci si guarda negli occhi e, in quel momento, riusciamo a cogliere una sensazione, come un solletico sulla schiena: la falce della signora in nero ci sfiora. È lì. Presente. Allora Esiste?
“Forse dovremmo sbatterci meno per le stronzate…”
“Infondo non siamo niente…”
“Oggi ci siamo e domani non si sa…”
Frasi ricorrenti che espongono un rivolta silenziosa, pacata, nei confronti di un atteggiamento sbagliato con cui conduciamo la nostra vita
Un’ora dopo, il nostro cervello è ancora libero di elaborare pensieri. Pronti, ancora una volta, a tenerci fuori dalla realtà presente, chiusi dentro una bolla che ci fa credere che le 24 ore di tempo che, ogni giorno, ci vengono concesse, siano scontate.
Cosa dovremmo fare? Pensare alla morte continuamente?
No, sarebbe lo stesso errore, e poi, ha proprio una brutta faccia! Credo si debba semplicemente cogliere ciò che la morte ci insegna, perché infondo è una nostra alleata. Chi meglio di lei può insegnarci che
il tempo non ha prezzo, e con esso, tutto quello a cui rinunciamo rimandando sempre a domani. Chi meglio di lei può dare un senso alla vita.
Dovremmo avere maggiore consapevolezza e trattare le occasioni come fossero pietre preziose
Smettiamola di nasconderci dietro lo schermo ipnotico di una tecnologia diabolica che ci ha tolto, definitivamente, l’unico pezzettino di vita reale che vivevamo; quando parlavamo guardandoci negli occhi e i silenzi avevano più valore delle parole.
Gustiamo i momenti. Vietiamo ai pensieri che viaggiano all’impazzata nella mente di inquinare il gusto della pietanza che stiamo assaporando. Respiriamo il profumo. Veneriamo la percezione. Fidiamoci delle nostre sensazioni, quelle che ci fanno sentire vivi quando fanno a pugni con la ragione. Noi non siamo i nostri pensieri, quelli sono scaturiti da meccanismi di confronto con la società, con le paure, con i desideri. Hanno tutto il diritto di esistere ma non devono renderci schiavi.
Noi siamo molto di più. Siamo passione. Istinto. Libertà. Siamo brividi. E piuttosto che rammaricarci per quello che è stato o immaginare con ansia come sarà, viviamo com’è. Adesso. Ora.
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